interview #4 SAVERIO MASSARO

CITTA’ POPOLARE IERI OGGI E DOMANI

VIDEOCHAT CON SAVERIO MASSARO

saverio foto

Saverio Massaro

O.C – Partiamo da te. Chi sei, di che ti occupi?

S.M. – Sono originario di Altamura in Puglia, ho studiato Architettura alla Sapienza laureandomi nel 2013 con il prof. Antonino Saggio e sono dottorando di ricerca in Teoria e Progetto. Faccio ricerca e svolgo attività di assistente alla didattica con la prof.ssa Anna Giovannelli all’interno del Laboratorio di Progettazione Architettonica 1 e del corso di Architettura degli Interni. In maniera complementare all’attività accademica proseguo un’attività di ricerca e sperimentazione in Puglia che nasce nel 2011, quando insieme a due amici ancora studenti organizzammo un’e-conference intitolata “Tre giorni d’architettura”, mettendoci in gioco e contestualizzando le nostre passioni per l’architettura; ricordo che soffrivamo in particolare la mancanza di occasioni nel nostro territorio..da allora si è aperto per me un mondo inaspettato. Da queste esperienze si è costituita poi l’associazione Esperimenti Architettonici della quale sono il presidente. A Roma collaboro inoltre con due realtà: faccio parte del gruppo nITro_New Information Technology Research Office, fondato da giovani architetti formatisi con Antonino Saggio, in qualità di social trainer e co-direttore della rivista web On/Off Magazine e sono uno dei soci di Urban Esperience, un’associazione di promozione sociale. In questa fase tendo a non occuparmi in maniera specifica di progettazione architettonica, ma più di dinamizzazione culturale e attivazione di processi urbani, sviluppando attitudini e competenze nel settore web piuttosto che nella progettazione tout court comunemente intesa.

O.C – Cominciamo subito con la città. Nel passato come oggi si è parlato spesso di architettura popolare; nel numero precedente di Parola D’arte, ci siamo avvicinati invece alla definizione di città popolare, cercando di comprendere, in maniera più ampia, tanto la scala architettonica domestica che quella di quartiere, distretto, etc. Una visione più allargata direi .. tu cosa ne pensi?

S.M. – E’ chiaro che la definizione dell’aggettivo stesso popolare può creare giudizi tendenziosi da parte di chi lo interpreta: può riferirsi ad esempio in maniera esclusiva alla scala dell’edificio e può avere un riferimento storico ben preciso, come può essere ad esempio il Neorealismo..dall’altro lato, per quanto riguarda le mie esperienze, mi fa pensare a una serie di processi all’interno della città, cioè le dinamiche con cui tu abiti o puoi trasformare la città stessa. Un concetto come quello di prossemica mi sembra pertinente, perché rimanda alla giusta interdipendenza che ci deve essere tra la natura propria dell’essere umano, dell’abitante, e le caratteristiche proprie dell’ambiente fisico, lo spazio pubblico, il verde, etc. Alcuni fattori quali le giuste proporzioni, i rapporti di equilibrio, le relazioni fisiche e immateriali sono decisive e credo contribuiscano ad ottenere risultati importanti, perché meglio percepiti da parte degli abitanti. Un altro aspetto da non trascurare è la manualità, l’artigianato con cui sono stati realizzati parti di un edificio o della città. La “componente umana” arricchisce il contesto di storia e di significato. Ampliando il discorso, possiamo attualizzare la riflessione associando il concetto di città popolare a un luogo in cui si generano processi di cittadinanza attiva e in cui sorgono spazi per il co-design, nodi diffusi che contribuiscono a innestare maggior consapevolezza da parte dei cittadini.  Per chiudere potremmo dire: una città popolare coincide con una città più consapevole.


fasi del modulo #Sottaninrete durante il laboratorio Reactivicity Reloaded (2014)


O.C – Nel progetto per la tua città Altamura, SOTTANINRETE ( a cura dei docenti Marco Terranova, Marco Lampugnani, Domenico Di Siena ) di cui sei coordinatore, si rivalorizzano i sottani cioè i luoghi che in genere ospitavano le botteghe artigiane o le abitazioni al piano terra, soprattutto nel sud Italia. Che funzione possono avere oggi i sottani nel contesto cittadino? Collante ideale tra l’edificio e la strada, questi sono (da sempre) un ottimo posto per relazionarsi..

S.M. – Premessa: il progetto è promosso dall’associazione Esperimenti Architettonici e altre realtà attive in Puglia (Pophub, Vuoti a Rendere, Coompany, Fork in Progress, LUP-Laboratorio di Urbanistica Partecipata, Hericool Digitools) con i quali abbiamo promosso un Laboratorio dal Basso, finanziato dalla regione per realizzare attività, workshop, che dessero un impulso all’imprenditorialità creativa e sociale. Nel 2013 questo network, tutt’oggi attivo, ha promosso Reactivicity Old spaces / New uses, incentrato sulla riattivazione creativa del patrimonio urbano dismesso. Nel caso di Altamura durante il primo anno del progetto abbiamo iniziato con attività di brainstorming in un cantiere aperto di sperimentazione con relative passeggiate urbane (collaborando con Carlo Infante-Urban Experience e Fedele Congedo-Città Fertile) al termine del quale abbiamo formulato alcune proposte progettuali; tra queste vi era l’idea di lavorare assieme su alcune parti peculiari del centro storico e in particolare sui sottani.

#esparch ppt #ngfestival2014.016
kit di riattivazione #sottaninrete in adozione presso alcuni spazi


Questi spazi sono oggi una grande risorsa poco utilizzata e hanno, di conseguenza, perso valore. Abbiamo deciso di puntare su questi spazi anche perché sono una concreta opportunità per tutti quei giovani che come noi, svolgono delle professioni creative e che, rispetto al passato, hanno molte più possibilità di avviare una propria attività lavorativa grazie alle potenzialità del web e del digitale. Questi luoghi rappresentano allo stesso tempo un ponte con le tradizioni e gli antichi mestieri artigiani. Un altro livello di ricerca è quello della relazione con lo spazio urbano, infatti alcuni di questi sottani si trovano all’interno di cortili, i claustri, che hanno una discreta qualità architettonica in termini di proporzioni, rapporti di vicinato, illuminazione naturale e di fatto, se adeguatamente valorizzati, trasformano lo sguardo sul centro storico che può così costituire una risorsa per l’intera città.Sottaninrete è inserito come uno dei moduli del laboratorio Reactivicity Reloaded, giunto alla seconda edizione nel 2014, durante il quale di abbiamo cercato di sviluppare delle strategie per questi spazi che sono stati via via mappati sulla piattaforma web pophub.it (progetto vincitore del bando Smart Cities and Social Innovation del MIUR). Inoltre, con Marco Terranova abbiamo realizzato un elemento fisico, un kit di riattivazione polifunzionale e open source, grazie al quale stiamo costruendo una community di riattivatori, creando le condizioni affinché questo valore sociale emerga e si inneschi un processo virtuoso sia per i privati sia per la pubblica amministrazione. I risvolti futuri che intravediamo per questi spazi sono molteplici. Possiamo parlare di una possibile staffetta tra l’attuale cultura dei makers, cosiddetti “artigiani digitali”, e i mestieri artigiani del passato che vanno progressivamente scomparendo, così come possiamo immaginare che i sottani possano trasformarsi in cantine collaborative. Secondo queste o altre ipotesi di ri-funzionalizzazione, resta il fatto che essi possano svolgere un ruolo di coesione sociale per gli abitanti e possano offrire nuove occasioni per i progettisti.

kit options
 possibili configurazioni del kit di riattivazione #sottaninrete


O.C – Ti faccio una domanda difficile: Come debbono porsi i giovani architetti nei confronti di una realtà urbana che si evolve sempre più in maniera caotica e incontrollata?

S.M. – Fin da quando ero studente, mi sono sempre interessato al processo che c’è dietro la realizzazione di un intervento architettonico, più che alla forma finale di quest’ultimo. Il mio ruolo di collaboratore didattico inoltre mi ha aiutato a comprendere come l’università, spesso, spinga lo studente a concentrarsi maggiormente sulla forma del prodotto architettonico finale, trascurando la consapevolezza del processo che ci sta dietro e la relativa gestione. Tutto ciò penalizza non poco la figura del progettista, incapace di fronteggiare le sfide della vita reale, e diminuisce in generale la domanda di architettura. È questo che vorrei fosse all’attenzione soprattutto degli architetti più giovani: occuparsi di processi, tattiche, strategie, dei flussi immateriali che informano il progetto. Tutto ciò, certo, senza dimenticare la qualità materiale del progetto. Insomma ci spetta sì un ruolo di progettisti di spazi, com’è giusto che sia, ma anche di progettisti culturali.

#esparch ppt #ngfestival2014.015

seduta trasportabile in legno per la colonizzazione dello spazio pubblico.
Kit di riattivazione #sottaninrete


O.C – Adesso una domanda facile: tra tutti i luoghi in cui hai vissuto, anche per brevi periodi, ce n’e qualcuno che ti ha lasciato un particolare ricordo positivo? Se si, in che modo?

S.M. Sono rimasto molto colpito dall’esperienza a Monaco di Baviera, città in cui ho vissuto per un anno durante l’Erasmus. Questa città rappresenta per me un ottimo risultato rispetto a quello che l’uomo, in particolare un buon progettista, può e deve mettere in campo. A Monaco lo spazio pubblico presenta una propria sacralità percepibile attraverso le modalità di fruizione dei cittadini, un decoro urbano diffuso ed un’attenzione progettuale per il dettaglio; inoltre non esiste la mole di barriere architettoniche a cui siamo abituati in Italia, non esiste il concetto di recinto, che tanta fortuna ha avuto e continua ad avere soprattutto negli ambiti teorici e poetici dell’architettura italiana. Il recinto crea invece molti limiti e disagi reali alla città e alle persone. In Italia, incentriamo l’attenzione più sullo spazio privato che su quello pubblico; esiste quasi una sorta di riserbo verso la collettività in generale e lo Stato stesso, è spesso percepito come un nemico. Insomma mi sembra chiaro che c’è un grande lavoro culturale da portare avanti. Ecco che la cultura dello spazio pubblico, nel concetto di città popolare non può non avere ripercussioni. Mi rendo conto che basta guardare fuori dalla nostra porta di casa per vedere quanto abbiamo in maniera progressiva disimparato cos’è e come si costruisce una città e quanto sia trascurato in maniera notevole lo spazio pubblico. Da ogni piccolo dettaglio artigianale alla macro scala, tutto ciò che è fuori sembra essere incontrollato, selvaggio.

Orazio Caruso

 

Roma, metropolitana vs Westfriedhof (Munich U-Bahn) ; (zeusnews.it;wikipedia.org)



 

POPULAR CITY ‘ YESTERDAY TODAY

AND TOMORROW

VIDEOCHAT WITH SAVERIO MASSARO .

O.C. – Let’s talk about  you. Who are you , what kind of work do you do ? 

S.M. – I’m from Altamura in Puglia , I studied Architecture at Sapienza University, graduating in 2013 with Antonino Saggio and doing PhD in Theory and Design. I am also doing research and thus contributing to the teachings of Professor Anna Giovannelli, in the First Designing laboratory and Interior Designing course.In parallel with academic i have been continuing an activity that started in Puglia in 2011, when, together with two friends, students at time, we organized an unconference called “three-day of architecture” in wich we contextualized our passions; I remember that we suffered, in particular, from the lack of opportunities in our area.. Since then an unexpected world has opened to me. From these experiences was born the Architectural Experiments association of which i am president. Furthermore I belong to nlTro Information Technology Research Office group, founded by young architects formed together by Antonino Saggio, as social trainer and co – editor of the web On / Off Magazine and one of the members of Urban Esperience, a social promotion association.I tend not to deal specifically with architectural design, but most of the cultural dynamics, activation processes and I have developed skills and competencies mostly on the web rather than in the design tout court commonly understood .

O.C. – Let’s talk about the city . In the past, as today, one often hears about popular architecture ; in the previous issue of Word Of Art , we approached instead the definition of popular city, trying to understand , in a broader way , both the domestic architectural scale than that of district . I mean, a broader view.. what do you think ?

S.M. – Well, the popular adjective itself can create wrong judgments depending on how it is used: for example, it can refer exclusively to the scale of the building and may have a very specific historical reference, such as neorealism .. on the other hand , regarding to my experiences, it makes me think of a number of processes within the city, that is, the dynamics with which you live or  transform the city itself. A concept such as proxemics seems relevant to the issue because it refers to the just interdependence that should be  between the nature of a human being, of the people, and the the building characteristics, the public space, the greenery , etc. In design this is what counts: the right proportion, balance, the material and immaterial relationships; all that is important and contributes to the important results, because it is best acknowledged by the inhabitants.Another aspect to not forget is the  craft with which a part of a building or the city was made. These handmade items enrich the context of history and meaning .Broadening the speech , we saying that the popular city is a place where you activate participating dynamic processes, co –design spaces, everything that can engage more awareness , more citizen participation. So, finally, we could say: popular  city, means an acknowledged city.

O.C. – In the project for your city Altamura , SOTTANINRETE (edited by teacher Marco Terranova , Marco Lampugnani , Domenico Di Siena ) of which you are the coordinator , you are trying to revalue the basements, namely the places that typically housed the craft shops or homes, especially in southern Italy .What function can basements have today in the city context ? Ideal connection between the building and the road , these are ( always ) a great place for relationships ..

S.M. – First of all: the project was started by the Association Esperimenti Architettonici and other organizations working in Puglia (Pophub, Vuoti a Rendere, Coompany, Fork in Progress, LUP-Laboratorio di Urbanistica Partecipata, Hericool Digitools) with wich we promoted a laboratory from below, (funded by region) for activities, workshops, which gave an impetus to the creative and regional social levels of entrepreneurship. In 2013 this network, still active today, organized a workshop called Reactivicity Old Spaces / New Uses which focused on the creative reactivation of decommissioned  urban heritage. During the first year of project in Altamura we started with brainstorming activities in an open yard of experimentation with relative urban walks and other proposals; (collaborating with Carlo Infante – Urban Experience and Fedele leave Fertile – City ), after which we made ​​some project proposals; one of these was the idea of working together on some parts of the peculiar historical center and particularly on the basements . These environments are a great resource now rarely used and have, therefore, lost value . We decided to focus on these areas that represent a real opportunity for all those young people who, like us, do creative professions and who have, rather than the past, thanks to new digital tools, more opportunities to start their own work. These places, at the same time, represent a connection with traditions and ancient crafts .Another level of research is the relationship with the urban space; for example, some of these basements are inside courtyards, cloisters, which have a good architectural quality in terms of proportion, neighborly relations, natural lighitng. If properly exploited, these spaces transformed the look of the old town which can serve as a resource for the entire city.  Sottaninrete was one of the modules of laboratory Reactivicity Reloaded , (second edition in 2014) in which we tried to develop strategies for these spaces that were gradually mapped on the web platform pophub.it ,(project winner of MIUR competition Smart Cities and Social Innovation ). Moreover , with Marco Terranova we made a physical element, a reactivation polifunctional and open source kit, thanks to which we are building a reactivators community, creating  conditions for which this huge social value emerges and create an improving process both for individuals and for public administration .The future that we see is manifold. We can talk about a link within the current creative professions, such as the makers movement, digital artisans, somehow combined with the crafts (gradually disappearing), as we imagine that the basements can become  collaborative cellars. Anyway these spaces may remain functional to relationships or represent new opportunities for designers .

O.C. – A difficult question : How should the young architects face an urban reality that is evolving more and more in a chaotic and uncontrolled  way? 

S.M. – Since i was a student, I have always been interested in the process behind the creation of an architectural intervention , rather than to the final form of the latter. My role as teaching collaborator also helped me to understand how the university, often encourages the student to focus only on the final shape of the architectural product, neglected awareness of the process behind it, and its management. Everything penalizes designers, unable to meet the challenges of real life, and decreases in general the request of architecture . It is this that I would like to bring to the attention of younger architects: deal with processes, tactics, strategies, anything  immaterial, that is how you can come to a project path between the difficulties it entails. All this, of course, without forgetting the quality of the project. We expect  a role of space designers (rightly), but also of cultural designers.

O.C. – Now an easy question : among all the places where you have lived , even for short periods , is there someone who has left a positive memory? If yes, how? 

S.M. -I was very impressed with my experience in Munich, in wich i lived for a year of Erasmus. This city, for me, is a great result compared to what the man, especially a good designer, can and should put in place. In Munich, public space has its own sacredness, you see on how the citizens use it, and a common urban decor and design attention to detail. Also there are no architectural barriers that we are used in Italy. There is no concept of the fence, that luck has had and continues to have instead in Italy, especially in the fields of theoretical and poetic architecture. The fence creates many limitations and real inconveniences to the city and people. In Italy, we focus attention on the more private space than on the public; There is almost a kind of reticence towards society in general and the state itself, it is often perceived as an enemy. In short, I mean: there is a great cultural work to be carried out .So, the culture of the public space, with regard to popular city, is very important. I realize that by just looking out the door one will  see how we have progressively forgotten what it is and how to build a city and are left with only an overlooked public space. From every detail crafted to the macro scale, everything outside seems to be uncontrolled, wild .

 

Orazio Caruso
Traslations by Orazio Caruso and Haluk Joshua Gurel

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