REDISCOVERING THE WORKING CLASS DISTRICT

RISCOPRIRE IL QUARTIERE POPOLARE

Mario Ridolfi con Ludovico Quaroni e altri, quartieri Ina-Casa Tiburtino, Roma.

 

“L’urbanità. E’ la qualità che manca ai monumentali, agli egocentrici, agli smaniosi di farsi notare, di affermare la propria personalità: negli uomini come negli edifici. Noi che viviamo in un’epoca in cui ognuno crede di aver un messaggio di universale importanza da recare al mondo, in cui ognuno si preoccupa di essere originale, di inventare qualcosa di nuovo, di distaccarsi dal contesto sociale, di primeggiare, in cui ognuno crede di essere più furbo di tutti gli altri, siamo contornati da una edilizia che può avere tutte le qualità, ma non è certo urbana.

© Bruno Zevi, Saper vedere l’architettura, 1948 © 193, 1997 e 2000 Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino. Prima edizione “Saggi” 1948 © 2000 Edizioni di Comunità, Torino



Il quartiere Tiburtino, completato nel 1954 nell’ambito del Piano Ina-Casa, appare subito come un vero e proprio brano di città avente struttura di quartiere. I singoli edifici a torre, in linea e a schiera, pur essendo tasselli architettonici compiuti all’interno del complesso, non vogliono costituirsi e non sono progettati come fatto in se concluso, ma cercano di abbracciare gli altri soggetti della composizione urbana. Ci interessa qui sottolineare tanto le soluzioni raffinate nella loro semplicità artigianale e delle finiture degli alloggi quanto la loro disposizione nel disegno generale fatto di luoghi intrisi di vita che, pur con i problemi e il relativo degrado insorti in mezzo secolo di storia,  ci offrono una lezione notevole in merito a quello che la città sarebbe potuta essere.
Visitando il quartiere si può facilmente intuirne la struttura che ne anima la composizione.
Gli edifici a torre svettano dall’alto dei loro sette piani, si configurano come elementi puntiformi, opportunamente inseriti nella composizione ai margini dell’area di quartiere.
Esiste una ben precisa e delicata modulazione nel passaggio dall’edificio alla strada carrabile. Interessante la valenza che acquista lo spazio verde, che non è uno spazio residuale, scarto di un’articolazione astratta, ma un vero elemento che delimita ma non divide lo spazio, anzi lo rende maggiormente coeso, assumendo il valore dei giardini e in alcuni casi degli orti urbani della città antica, dalla quale riprende persino la delimitazione con muretti bassi in blocchi di tufo e elementi in cotto.


                


Il quartiere possiede una logica di modulazione graduale dalla strada urbana di scorrimento (nel nostro caso la via Tiburtina), alle strade intercluse tra le unità di abitazione, che possono avere spazi in comune con quelle adiacenti a costituire la cosiddetta unità di vicinato. Esiste una vera e propria gradualità nel passaggio dalla strada pubblica in cui passano tutti, alla strada in cui passano solo gli abitanti del quartiere, proseguendo man mano a una dimensione più domestica nella quale gli unici fruitori diventano i proprietari degli alloggi abbinati dell’edificio in linea. E’ proprio in virtù di questi preziosi spazi che il complesso di edifici apparentemente sconnessi e disarticolati nell’impianto acquista tutta la sua forza di organismo compatto che si distingue dalla massa di costruzioni anonime e senza vita che lo circonda oggi.  Gli edifici di Ridolfi , sommessi e riservati nella loro dignità, con la straordinaria valenza  storica che di fatto costituiscono, offrono al pari di un borgo di tempi lontani la possibilità di  essere vissuti come quartiere, caratteristica che non si può certo attribuire ai limitrofi isolati; ma quello che non si può fare a meno di ignorare, è la preziosità di  tutto il contorno che li caratterizza: spazi di verde o per la sosta o ancora per il gioco.



Più che di fronte ad un progetto urbanistico fatto di grandi tracciati, di lunghe e piacevoli promenade alberate, ci troviamo circondati da una anomala suggestione fatta da case umili, per il popolo, che hanno un’unica pretesa: fornire delle abitazioni.  L’architetto compone gli spazi adatti all’uso quotidiano, e da essi parte per stabilire il sistema complesso di relazioni e gerarchie che si compongono man mano che questi spazi si ingrandiscono fino a diventare città. Le abitazioni, sono in grado di sfruttare lo spazio disponibile per creare dei margini di consistente intesa con il contesto antropologico. Gli ambienti dedicati all’uso commerciale per esempio, apparentemente poveri da un punto di vista dei materiali usati, offrono di fatto una funzionalità reale sia per l’ottima fattura con cui sono stati portati a termine, sia per la cura riservata nell’integrarli al disegno complessivo a costituire delle “unità di vicinato”: integrazione sempre ricercata e raramente trovata dalle estenuanti sperimentazioni di gran parte dell’architettura moderna e contemporanea. I margini delle abitazioni non sono mai netti, ma sono accuratamente graduati, essendo costituiti da ritmi crescenti di scala man mano che si passa dalla casa alla strada.IMG_2248
Si può dire con una certa sicurezza che, fatto salvo il degrado dovuto a imprevedibili sviluppi di mezzo secolo di storia italiana, questo complesso di edifici risponde ancora oggi, e molto meglio di tanti contemporanei insediamenti analoghi, con vigore e disciplina alle regole della buona architettura fatta di aggregazione e non di direttrici spaziali. Intrisa di un artigianato che, rinunciando a tecnologie costruttive futili, perché fini a se stesse, le conferisce valore aggiunto; con la presenza di aperture continue a scenari imprevedibili, indefiniti dai quali sarebbe il caso di riprendere le mosse.

Orazio Caruso


REDISCOVERING THE WORKING CLASS DISTRICT

Mario Ridolfi with Ludovico Quaroni and Others, area Ina-Casa Tiburtino, Roma.

 

“Urbanity” is the quality that is lacking in monumental, egocentric and those who are eager to get noticed and to affirm their personality: in humans like in buildings. We live in an age that everyone thinks that has an important universal message to bring to the world, where everyone is concerned to be original, to invent something new, to detach himself from the social context and to stand out. Everyone thinks he’s smarter than everyone else; The Buildings that surrounded us can have all the qualities, but are not certain urban.

© Bruno Zevi, Saper vedere l’architettura, 1948 © 193, 1997 e 2000 Giulio Einaudi editore s.p.a., Turin. First edition “Saggi” 1948 © 2000 Edizioni di Comunità, Turin.

 

The Tiburtino area, completed in 1954 under the Plan of Ina-house, is a real piece of the city having the structure of the district. The individual tower blocks in-line and terraced, despite being architectural pieces and carried inside of the complex do not want to constitute and are not designed just for themselves, but they seek to embrace other elements of the urban composition. Here we are interested to emphasize all the refined solutions in their artisanal simplicity, and finishing of the houses as their placement in the general plan, which is made of spaces filled with life, even with the problems and their degradation insurgents in half a century, we offer a great lesson about what that city could have been.

Visiting the area you can easily intuit the structure that animates its composition. The rise buildings stand out from their seven floors and are configured such as point elements, adequately introduced into the composition of the edge of this zone. There is a very precise and delicate modulation in the transition from the building to the driveway. It is interesting the value acquired from the green space, which is not a residual space with the lack of abstract articulation, but a real element that defines not just division of the spaces, in fact makes it more cohesive assuming the value of the gardens and in some cases urban gardens of the ancient city, from which even takes the boundaries with short walls in blocks of tuff and terracotta elements.

The area has logic of gradual modulation by urban street flow (in our case the Via Tiburtina) the roads are isolated by residential units, which may have common rooms with adjacent ones to build the so-called neighborhood units. There is a real gradual transition from the public street where pass only the local residents, continuing that way you arrive to larger buildings where the only users are the owners of residential combined with terraced houses. It ‘s because of these precious spaces that the complex of buildings apparently disconnected and disarticulated from its system acquires all its strength of solid body, and stands out from the surrounded mass of anonymous and lifeless buildings.

The buildings of Ridolfi, subdued and reserved in their dignity, which in fact constitute an extraordinary historical value, offer the equivalent of an ancient village that can be experienced as a district, a feature that certainly can not be attributed to the neighboring blocks; but what you can not do without considering is the preciousness of the whole outline that characterizes them: green spaces or for resting, or also for playing.

Rather than facing an urban project of big traces and long pleasant promenade filled with trees, we are surrounded by unusual fascination made of humble houses, for the people who have a single claim: to provide residential housing. The architect created spaces for everyday use and from that established a complex system of relationship and hierarchies that build up these spaces, as they get bigger to become a city.

The houses are able to take advantage of the available spaces to create significant margins, which is in agreement with the anthropological context. The environments dedicated to commercial use, apparently poor from a point of view of materials used, offer a real functionality for both the excellent workmanship, with which they were completed, and to integrate the overall design and build up the “neighborhood unit”: integration always searched and rarely found by the grueling experimentation of modern and contemporary architecture. The margins of the houses are never clear-cut, but are carefully graded, being made of a growing rhythm of scale as you go from the house to the street.

We can say certainly it is subject to degradation due to unforeseen developments of half a century of Italian history, this complex of buildings still works today, and much better than many similar contemporary settlements, with vigor and discipline to the rules of good architecture made up of combination of spaces and not of guidelines space. It is Full of handicrafts that renounce the futile construction technologies because wants to add a higher value to it; with the presence of continuous openings in unpredictable scenarios would be the case of taking as an example.

Orazio Caruso

Translations by Golnaz Ebrahimi

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