A BUDDHIST DOJO

LO SPAZIO DEL CORPO

Una sala da meditazione buddhista

Testo di Orazio Caruso

Rome, Hua Yi He, Chinese Buddhist temple. Photo by Laura Dumbrava

 

Lo spazio metropolitano è per sua natura caotico. In questo scenario variegato e multiforme, gli spazi a misura d’uomo  vengono ridotti al minimo se non annullati in  nome di logiche che speculano in maniera consumistica sullo spazio, soprattutto pubblico, di fatto annullandolo. La necessità di rapidi spostamenti e la quantità enorme di persone coinvolte, genera flussi incontrollabili, sovrapposti. In questa realtà caotica si scopre tuttavia, con grande sorpresa, dell’esistenza di luoghi in cui si privilegia e si mette al centro del discorso l’individuo e il suo benessere anche spirituale, spesso con mezzi semplici e schietti. Questi ambienti sono un’altra cosa rispetto al turbine cittadino.

A Roma nel quartiere Marconi per esempio, si trova un luogo di culto chiamato Shobogendo, affiliato alla comunità Soto-zen di Fudenji (Salsomaggiore Terme). Si tratta di un tipo di spazio, unico nella capitale e rarissimo in Italia, nel quale poter praticare il Buddhismo della Sotoshu*, il cui culto comprende in maniera peculiare la meditazione seduta (Zazen), la meditazione camminata (Kin-hin) e la recitazione dei Sutra*. Un luogo religioso si potrebbe dire per semplicità, ma sarebbe riduttivo, senza dubbio.

I maestri Zen possono rifiutarsi di dare una risposta immediata e diretta a chi gli chieda che cosa sia lo spazio Zen, sottolineando che si tratta più che di un luogo fisico, di un fatto personale, di un’esperienza non descrivibile a parole. E’ possibile semmai evocare delle suggestioni, delle impressioni che saranno però sempre personali e riferite al caso.

Il dojo è assimilabile a un luogo nel quale si pratica di fatto l’esperienza dell’architettura, intesa questa non come semplice luogo fisico, fatto di materia, ma come fatto di esperienza reale, di comunità, di unità inscindibile con il proprio corpo.

Si entra scalzi, si saluta e si viene a contatto con tutto l’ambiente, dalle persone agli oggetti presenti in sala. Si prende il thè seduti per terra e si conversa normalmente; poi alla fine della cerimonia d’incontro ci si alza e ci si prepara al silenzio, a varcare la soglia del dojo vero e proprio contrassegnato da un gradino, una barriera fisica che rappresenta il distacco dal mondo in cui ci troviamo. Si entra in uno spazio rettangolare, spoglio, essenziale: un mosaico di tatami verdi per terra, un seggio quadrato all’angolo, riservato al maestro, una striscia di parquet al centro della sala con un altare e il simulacro di Buddha, qualche strumento per i suoni che si fanno durante la cerimonia al lato opposto.

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1-Ente di culto riconosciuto con D.P.R. in data 5.7.1999  (G.U. 23.9.1999),  è stato costituito nel 1984  per sostenere e promuovere lo sviluppo della missione che ha il suo centro propulsore nel Tempio Shôbôzan Fudenji. Aderisce all’Unione Buddhista Italiana (U.B.I.).
2-Scuola Soto Zen giapponese  ispirata al pensiero del fondatore Dogen Zenji, si differenzia dalla scuola Zen Rinzai  anch’essa derivante dal pensiero zen cinese.
3-Il termine sūtra (सूत्र, pāli sutta), in sanscrito filo (dalla radice indoeuropea *syū-, la stessa del latino suere, cucire), metaforicamente traducibile come “breve frase”, “aforisma“, viene usato nella cultura indiana per indicare un insieme di concetti filosofici espressi in modo breve e sintetico. Nell’ambito del buddhismo il termine è tradotto in cinese con jīng (经sempl.), in lingua giapponese con kyō (経, kyō?) e in tibetano con mdo (མདོ).

 

THE SPACE OF THE BODY

A Buddhist dojo

Text by Orazio Caruso, translations by Luigi Cavallo

dojo

The dojo. Drawing by Orazio Caruso

 

The Metropolitan space is naturally chaotic. In this multiform and variegated scenario, the human space, especially the public space, is minimized or canceled in the name of consumerist behaviors. The need for rapid movement and the huge amount of people involved, generate overlapping uncontrollable flows. In this chaotic context you find out, however, with great surprise, about the existence of places in which the individual and his well-being (even spiritual well-being) is the focus of the speech, is favorite, often with simple and frank means. These environments are something different than the urban rush.

In Rome, in Marconi district for example, there is a place of worship called Shobogendo1, affiliated to the Soto-Zen Community of Fudenji (Salsomaggiore Terme). It is a kind of space, the only one in the Capital and very rare in Italy, in which it’s possible to practice the Buddhism of Sotoshu2, whose worship is based on the sitting meditation (Zazen), walking meditation (Kin-hin) and recitation of Sutra3. We could consider it simply a religious place, but it would be definitely simplistic.

Zen masters may refuse to respond immediately and directly to those who ask what is the Zen space, stressing that this is more than a physical place, it is a personal matter, an experience you cannot describe in words. However you can evoke suggestions and impressions always personal and related to the case.

Dojo is a place where you practice actually the experience of architecture, which is not seen as a simple physical place, but rather as a real experience, a community fact, an indissoluble unity with your own body at the same time.

You enter barefoot, greet and come into contact with the whole environment, with the people and the objects in the room. You have a tea seating on the floor and you talk normally; then at the end of the meeting ceremony you stand up and prepare yourself to the silence, to cross the threshold of the proper dojo marked by a step, a physical barrier which represents the detachment from the world in which we are. You get in a rectangular, bare and essential space: a mosaic of green tatami floor, a square seat in the corner, reserved for the master, a strip of parquet in the middle of the room with an altar and the statue of Buddha, some tools for the sounds that are made during the ceremony on the other side.

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1 – Worship Organization recognized by Presidential Decree dated 5.7.1999 (G.U. 23.9.1999). It was established in 1984 to support and promote the development of the mission which has its centre  in the Shôbôzan Fudenji Temple. It joins the Italian Buddhist Union (U.B.I.).
2 – Japanese Soto-Zen School inspired by the thought of the founder Dogen Zenji. It differs from the Rinzai Zen School, also derived from Chinese  Zen thought.
3 – The term sūtra (सूत्र, Pali sutta), Sanskrit ‘yarn’ (from Indo-European root *syū- , the same as the Latin suere , ‘sewing’), metaphorically translated as ‘short sentence’, ‘aphorism’, is used in Indian culture to indicate a set of philosophical concepts expressed in a brief and concise way. As part of Buddhism the term is translated into Chinese with jīng (经) , into Japanese with kyō (経?) and into Tibetan with mdo (མདོ).
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