EX SNIA PARK

IL PARCO ECLETTICO: Il parco ex SNIA a Roma

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photo by Sebastian Di Guardo

I due articoli e la citazione letteraria che li precede hanno entrambi per oggetto l’area della ex SNIA Viscosa, una fabbrica in rovina a Roma. A variare è solo il linguaggio scelto, alla ricerca di una comprensione del luogo che, se non può non tener conto delle notizie storiche, forse non può neanche rinunciare ad un linguaggio più suggestivo per trasmettere le sensazioni di cui è preda l’osservatore. Spetta infine all’architetto scegliere quale tra questi linguaggi sia adatto ad un nuovo intervento, o al recupero dell’esistente, o al mantenimento del “fascino della rovina”, eccetera.

Il primo testo appartiene a Niccolò Ammaniti, che ringrazio, e che fornisce un mirabile esempio di linguaggio che, partendo dallo stomaco stesso, punta sul personale senso del gusto: è come se una valvola che controlla quanto esso sia forte fosse stata messa al massimo, i sensi sono al limite del travaso di nervi e tutto questo si traduce nella descrizione del fenomeno architettonico della speculazione edilizia.

“Dalla finestra chiusa con dei fogli di plastica trasparente si vedeva sfocato la Prenestina, le macchine incolonnate, i capannoni delle industrie di cessi, le gru d’acciaio, gli orti, le costruzioni basse e il cielo. Azzurrissimo. Freddo. Senza neanche una nuvola. Si guardò in giro e decise che quella era la più fottuta topaia che conoscesse. Un letamaio al settimo piano di un grattacielo a forma di torre. In cemento armato e mattonelle blu. Vicino ce n’erano altre quattro di quelle torri. Tutte uguali. Nessuna ancora finita ma già ci dormivano dentro. Agli ultimi piani mancavano sia le mattonelle blu che gli infissi. Speculazione edilizia.”

Niccolò Ammaniti, Fango (vivere e morire al Prenestino), Volta Pagina, 1996

Il secondo testo è una descrizione di tipo nostalgico del lavoro e delle forze generatrici la stessa area della Prenestina, con tutti gli annessi e connessi: la fatica degli operai, le speranze e i pensieri leggeri degli studenti che vanno a scuola la mattina, le idee rivoluzionarie che circolano al centro sociale.

È una gamma completa di verdi chiari la quercia, al parco della SNIA, accesa dal sole del pomeriggio rovente mentre sulla terra ormai polvere le formiche avanzano in processione, con le operaie e gli alfieri che tengono alto per vessillo una paglia gialla.

photo by Sebastian Di Guardo

Procedono sottomesse verso lo sfondo, dove tornano fedeli alle imponenti rovine industriali che risalgono la collina per dividerla in ambiti autonomi. In silenzio, salgo su un’altalena e osservo l’oscillare del tempo in questa moltitudine di parchi diversi dallo stesso nome. Ecco lo skyline del Prenestino; sotto, i rumori dello scalo ferroviario fanno da base al rap del centro sociale. Bangladeshi giocano a cricket attorniati da corridori lungo una pista senza fine ne inizio. Due pini secolari osservano sull’altro versante il tramvetto scorrere, impudichi nel loro isolato abbraccio su una piana brulla e zozza. Spaccato dal sole, un fontanile nuovo è già vecchio, scrostato, arrangiato. Di là, il recinto verso la fabbrica osserva abbandonato il rifiutato, allagato Largo Preneste. Sparpagliati, tentativi di creare un parco pubblico: nuovi edifici, campetti, giochi, siepi… hanno desistito alla forza di questo luogo, come per una decadenza latente, o maledizione implicita. Provo a dondolarmi un po’. Ma sono troppo cresciuto, e i piedi frenano sulle foglie secche.

Il terzo testo proposto è un articolo, quasi di cronaca, descrittivo dell’area della Prenestina. A seguire, descrizioni alternative, parti stralciate. Si tratta di un tentativo di mostrare come anche un testo di tipo descrittivo può cambiare forma e contenuti in base a ciò che si vuole descrivere con più attenzione, per colpire chi legge con un messaggio preciso, chirurgico.

photo by Sebastian Di Guardo

photo by Sebastian Di Guardo

La SNIA era l’azienda italiana leader nel settore del tessuto sintetico detto “viscosa”. Presente in Italia con diversi stabilimenti, aveva creato lungo la via Prenestina a Roma un’imponente fabbrica, sfruttando il vicino scalo ferroviario che ancor oggi la delimita a Nord e a Ovest, e l’arteria di via di Portonaccio-dell’Acqua Bullicante, parallela alla quale scorreva una marrana intercettata per l’imponente necessità d’acqua dei suoi macchinari, oggi sgorgata in un grande lago. Chiusa dopo la seconda guerra mondiale, la SNIA aveva intanto contribuito alla creazione di un’intera borgata, che si sarebbe poi consolidata nel quartiere attuale. Il complesso industriale proseguiva a Ovest con altri annessi – riusati come palestre o magazzini – posti su una bassa collina, ed oltre questa fino al limite dello scalo ferroviario con ulteriori capannoni oggi occupati da un centro sociale. La porzione inedificata della collina è stata sistemata a parco, ed è caratterizzata da alti pini marittimi e sentieri; vi sono stati inaugurati un teatro all’aperto* con copertura in metallo supportante dei pannelli solari disposti a shed, e un edificio regolare**, basso,
allungato, in materiali ecosostenibili, dall’interessante testata in acciaio bianco e vetro. Si è quindi venuto a formare un vasto paesaggio disomogeneo di rilevanti strutture di cui oggi solo alcune usate. A preoccupare è l’incapacità finora dimostrata di organizzare un programma completo, link-ando, mettendo in gioco tra loro queste diversità, che a oggi sono recintate e, quando raggiungibili, vi si accede da percorsi tortuosi il cui unico involontario merito è di invitare all’osservazione. Totale è il degrado dei capannoni verso Portonaccio, proprietà privata, vincolati ma oggetto di rilevanti interessi. Sulla via Prenestina un massiccio movimento di terra ha permesso soltanto la creazione di una brulla spianata come passeggio per i cani, con un isolato fontanile che ricorda i fondali per i vecchi film western, e forse proprio per questo è già vecchio e rotto. Un progetto unico sarebbe utile soprattutto nel ridare vita a questo fianco della Prenestina che, già traumatizzata dagli svincoli sopraelevati presso Porta Maggiore, viene dimezzata prima dallo scalo ferroviario, poi dal parco nato mutilo, che lasciano solo un lungo e muto muro lungo di essa. Nota positiva sono le manifestazioni di aggregazione sociale che vi si svolgono spesso, come “Eclettica”, serie di eventi e concerti. Purtroppo però la sensazione è che, ormai, la difficoltà di trovare decisioni condivise tra tutti gli attori della vicenda non consenta più di trovare una soluzione costruita plausibile e unica per quest’area che andrebbe riconsegnata alla città.


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photo by Sebastian Di Guardo


Descrizioni alternative

*Sorta sull’area di un capannone quadrato si trova una copertura metallica in forma di shed con pannelli solari, a ricordo dell’immagine passata del rudere. L’architetto ha consolidato i muri perimetrali rimasti e si è distaccato, anche in altezza, dalla preesistenza che cerca di imitare. Ne risulta uno spazio coperto indifferenziato – oggi si dice multifunzionale –  con una terrazza volta allo spettacolo della ferrovia – ovviamente già inaccessibile –  che non è privo di eleganza, ma che sembra simbolo delle potenzialità inespresse del luogo in cui si trova.

**Sulla sommità si trova un centro ricreativo, una lunga regolare manica che sembra formata da container, priva di caratteristiche interessanti tranne che per l’elegante elemento di testata in acciaio verniciato bianco e cristallo, che tanto stride con l’anonimia della costruzione, e per una struttura composta da tre file di capriate lignee che dovrebbe sottolineare l’ingresso baricentrico, che, portando solo qualche pannello solare, rimangono fini a se stesse nella propria perizia tecnica.

Sebastian Di Guardo


ECLECTIC PARK: the ex SNIA park in Rome

The next two following articles and the literary quote preceding them are about the SNIA Viscosa area, an abandoned factory plant in Rome. The language varies, seeking for a better understanding of the area. The language may ignore historical hints but it cannot renounce to transmitting the observer’s sensations. It is up to the architect to choose which language is more adequate for describing a new project or the rehabilitation of the existing architecture or keeping the “ruins charm”.

The first text is by Niccolò Ammaniti, whom I thank, and gives a good example of language that points to personal taste, moving right from the guts: it’s a control valve set at its maximum level, all senses arise to the nerve limit, for the description of a building speculation.

“The window was sealed with transparent plastic paper and you could see Prenestina street, blurred behind: cars in line, toilets manufactory warehouses, iron cranes, vegetable gardens, low buildings and the sky. Very blue. Cold. Cloudless. He looked around and decided that it was the damnest rat’s nest hovel he’d ever seen. A dung-heap set at the 7th floor of a tower-shaped skyscraper. In cast concrete and blue tiles. Next to his, rose other 4 towers. All identical. None was finished but people already were sleeping in them. The last floor had no tiles nor windows. Building speculation.”

Niccolò Ammaniti, Fango (living and dying at Prenestino), Volta Pagina, 1996, Italy


The second text is a nostalgic description of the forces that generated the Prenestina area, with its appendages: the workers’ 
fatigue, students’ hopes and thoughts, the revolutionary ideas of the social center.

It has a whole range of light green, that oak in the SNIA park, lit by sunshine in a hot afternoon, while ants line up in the dust and burnt soil, the drone ant holding a yellow straw as a standard and leading the worker ants behind. They faithfully proceed towards the imposing industrial ruins of the hill in the background. Silently I sit on a swing and stare at the oscillation of time in this multitude of different parks with the same name. This is Prenestino skyline. Below, the railway station noises serve as a rap base to the social center music. Bengali cricket players are surrounded by joggers that run along a never ending track. Two old pines – shameless in their isolated hug on this bare dirty plane – watch the tramway pass by on the other side of the hill. A new built sun-burnt fountain looks old, flaking and peeling already. The enclosure towards the factory plant watches over the often flooded Largo Preneste. Scattered attempts to create a public park : new buildings, playgrounds, fences… have all surrendered to the strength of this area, like a concealed decadence or implicit curse. I swing a little. But I’ve grown up and my feet touch the ground, braking on dead leaves.


The third text is an article, structured as local news report, describing the Prenestina area. Following, alternate descriptions and extracts. It’s an attempt to show how a descriptive text may change shape and form according to what it aims at recounting or whom it wants to affect.

SNIA was an Italian manufacture industry, leader in the production of a synthetic textile called “viscose”. It had different factories around Italy but had built an imposing production area in Rome, along the Prenestina street, next to the railway station – that is still one of its geographical boundaries to the North and West – and the Portonaccio street that ran parallel to a useful ditch and today turns into a big lake every time it rains. After WWII the SNIA closed down but it contributed to the creation of a wide suburb which later merged in today’s neighborhood. The industrial complex spread to the West in many annexes – today reused as gym or depots – along a low hill up to the railway station in various warehouses now occupied by a social center. The unbuilt portion of the hill is now a park with maritime pines and little tracks, an open-air theatre* with a metallic roof and a low rise building** in eco-compatible materials and an interesting glass and iron entrance. A new landscape formed, through various and significant structures partly unused. There has been a lack of programme, structured to organize and relate these diversities: some are still enclosed, some are difficult to reach, through winding paths whose only merit is to favour meditation. The warehouse on Portonaccio street are abandoned and in decay. They are private propriety and legally bound but financially possess a great potential. On Prenestina street there’s only a bare plane for dogs walk, with an isolated fountain, sad and broken, prompting old western movies. A unified project would be needed to bring vitality to this corner of the Prenestina, wounded by the railway station, the high lane and the mutilated park. Only real positive note is the organization of open-air social events and concerts such as “Eclectica”. There seems to be a real difficulty in sharing decisions or proposals. This is an obstacle to any tangible solution for this vast area needing to be handed back to the town and its inhabitants.

Alternative takes

* Risen on an old square warehouse area there’s a metallic shedroof with solar panels. A reminder of ancient times. The architect has reinforced the existing outer walls and separated the roof from the pre-existing ruins that he tried to imitate. The result is an undifferentiated covered space – vaguely defined as “multifunctional” – with a terrace headed towards the railway; quite elegant in the whole but also seemingly the symbol of the unexpressed potential of the entire area.

** At the top there’s a recreational center: a long regular alley formed by an array of containers. Dull and anonymous, except for the elegant iron and glass entrance and its 3 wooden trusses lining up along its axis. They should emphasize the core of the building but are useless instead, sustaining only few solar panels, and therefore remain self-referenced.

Sebastian Di Guardo

Translations by Giulia Scaglietta

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