FIRST LEARN TO READ..

PRIMA IMPARA A LEGGERE. 
Poi potrai provare a scrivere.

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Rembrandt, parable of the rich man, 1627

Esprimersi è un bisogno primario, non solo per l’uomo, ma per tutte le specie viventi. È quell’azione che permette di comunicare  un concetto, un’emozione, un desiderio. L’evoluzione stessa si è concentrata sulla comunicazione come un’arma per dissuadere i predatori, o per organizzare in gruppi gli individui al fine di procacciarsi meglio il cibo, di procedere all’accoppiamento, eccetera. Vi sono tanti tipi di comunicazione: quella gestuale – e basti pensare che sul viso l’uomo ha ben 36 muscoli il cui scopo è generare delle espressioni-, quella primordiale della pittura sul corpo, quella musicale, della scenografia, della letteratura, della poesia, della moda, dell’arte naturalmente, e dell’architettura, tra gli altri. Il modo con il quale queste espressioni vengono comunicate è detto linguaggio, e pone delle questioni importanti per chi vuole esprimersi poiché possiede delle regole precise, grammatica e sintassi, che sono state codificate e si sono consolidate nel tempo. Conoscendo tutte le parole di una lingua ma non grammatica e sintassi, non riusciremmo a parlarla in modo comprensibile.
Il linguaggio non è però una gabbia, o un filtro che distilla il nostro pensiero per trasformarlo irrimediabilmente, ma possiede in se le basi della propria evoluzione; infatti, è possibile sempre generare un linguaggio nuovo, con nuove regole espressive che meglio rispondano alle nostre esigenze. Di fatto è come creare un nuovo software che semplifichi la gestione di un (nuovo) tipo di lavoro permettendo di seguire nuove strade. Esso sarà poi più funzionale se compatibile con i “sistemi operativi” già esistenti: per esempio, se creerò un nuovo linguaggio letterario, come fece Dante Alighieri con la Divina Commedia, partendo come lui dai linguaggi esistenti, avrò maggiori probabilità di essere compreso. Esempi moderni di “generatori” di nuovi linguaggi espressivi possono essere  autori letterari che mischiano Italiano e termini dialettali, specie nei discorsi diretti, quali ad esempio Pasolini che usa il linguaggio delle borgate romane (specie in “Ragazzi di vita”), Camilleri che usa il Siciliano, Malvaldi che usa il Toscano. Il loro scopo è quello di sottolineare che esiste una realtà “ufficiale” – quella dei giornali, dei documenti, della televisione- che usa un tipo di linguaggio, e quella della vita di tutti i giorni dove si usa una lingua più antica e dai significati più immediati: un dualismo che contagia tutti gli italiani.
La scelta di parlare del linguaggio deriva da due constatazioni di fondo: la prima è che in campi d’applicazione differenti si possono usare linguaggi dello stesso tipo. Esempio è il cinema che in se stesso è sintesi di quasi ogni tipo di linguaggio. Al che consegue che prima di approcciare un’opera di qualsiasi tipo occorre capirne il linguaggio usato e approfondirlo anche con le sue manifestazioni in altri ambiti, al fine di comprendere quanto l’opera sia corretta. Un po’ come dire che se devo giudicare l’esattezza di una frase dal punto di vista grammaticale devo prima conoscere tutta la grammatica, almeno a grandi linee. In concreto, per parlare di un’opera di architettura barocca, può essermi utile osservare anche la pittura barocca e la scultura barocca. Scoprirei tra l’altro che i più grandi artisti dell’epoca, come il Cortona o il Bernini, si esprimevano in tantissimi campi artistici, usando sempre il medesimo linguaggio espressivo.
La seconda constatazione è quella che attualmente non vi è ne una piena soddisfazione o convinta aderenza nei confronti di un linguaggio acquisito, ne una reale spinta o sostegno a crearne uno nuovo. In pratica, ci troviamo come un cacciatore senza frecce nella sua faretra, perchè non abbiamo avuto appieno gli strumenti, ne ci è stato dato il tempo, per fare una sintesi di quanto ci è stato comunicato. Siamo invece stati abituati ad apprendere per compartimenti stagni, in una catena di montaggio dove l’operaio che monta la ruota non conosce chi monta il motore ma ognuno ha un ruolo (che gestisce comunque a modo proprio) in un progetto che non sempre ha una definizione che condividiamo.
Ecco perchè con gli articoli che seguono si vuole approcciare il problema dell’edificazione di un nuovo linguaggio: imparando prima a leggere i linguaggi attuali e a metterli a confronto, capiremo meglio ciò che è stato fatto da altri. E dopo potremo provare a creare un nuovo linguaggio compatibile con il “rumore di fondo”, che sia trasmissibile e pieno di significato: nostra personale espressione.
Il fascicolo che di seguito potrete leggere non sarà che la prima di una serie di ricerche tematiche alle quali invitiamo tutti a partecipare. L’idea di edificazione di un nuovo linguaggio è emersa quasi da se, in seguito alla nostra esperienza di lettura e condivisione del progetto City Vision di Francesco Lipari e Vanessa Todaro. In questa piattaforma, dal Mag alle Competition, si affronta la possibilità di generare nuovi linguaggi architettonici capaci di caratterizzare a scala urbana le città in un (prossimo?) futuro. Appare scontato, ma va detto, che il tema non può esaurirsi con i seguenti articoli e interviste, che forniscono spunti ed esempi; anche per questo lo stesso tema verrà riproposto nel #2 di Parola D’Arte.

Sebastian Di Guardo


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Rembrandt, Night watch, 1642


FIRST LEARN TO READ.
Then you may learn to write.

Expressing yourself is a primary need, not only for human beings but for all living creatures. It’s an action that enables you to communicate an idea, an emotion, a desire, an intention.
Evolution itself has developed through communication as a tool, to dissuade predators or to organize individuals into groups to fetch food or to mate, etc.
There are various ways to communicate : non verbal through gestures – our face has 36 different muscles whose purpose is to generate expressions – through primitive body painting, through music, scenery design, literature, poetry, fashion, art and architecture, among others. Language is the way these expressions pass across. And this sets important questions to those who aim at communicating, because language has precise rules – its grammar and its syntax – which have been codified and reinforced in time. Vocabulary alone is not enough: it is not possible to achieve meaning by knowing all the words in a language and ignoring its rules.
However, language is not a cage. It is not a filter that transforms our thoughts and it contains the basis for its own evolution: it is possible to generate a new language, with a new set of rules that will better respond to our new needs. It is very much like creating a new software, simplifying operations to achieve a new goal, following new steps. It’ll work if it is compatible with existing “operating systems”: I will have more chances to be understood if I create a new language starting from existing ones, like Dante in the Divina Commedia. Modern examples of new language generators are some literary authors that mix Italian with dialectal terms, especially in direct speech, Pasolini for instance (“Ragazzi di vita”) with Roman dialect, Camilleri with Sicilian dialect, Malvaldi with Tuscan dialect. These examples show that there is an “official” reality – in newspapers, in tv , in official documents – exploiting a different language from everyday life language, where meaning has to be more immediate. This duplicity affects all Italians.
We chose language for two reasons.
First of all we noticed that the same language may apply to different fields. Cinema itself is the synthesis of any type of language. Before you may approach any kind of work, you need to be able to recognize and understand its language. It’s like saying that if I have to judge the grammar exactitude of a sentence, I basically have to know first all the grammar rules. To be able to speak of a baroque architecture, it may be important and useful to know about baroque painting or sculpture, in order to find out that most influent artists of the time – Pietro da Cortona or Gian Lorenzo Bernini – used to express themselves in different artistic fields, using the same language.
Second of all we noticed that we seem to lack the belonging to an acquired and satisfactory language, as well as the will or desire to create a new language, right now.
Like a hunter without arrows in its quiver, we do not possess the correct tools or we have not been given time to acknowledge what we have. We were taught to think everything in watertight compartments. Like an assembly line worker, mounting a wheel and ignoring who is working at the engine – we all have an independent role in a project whose definition we not always all share.
These are the reasons why – in the following articles we approached the question of building a new language: learning to read existing languages and also comparing them, to understand what has been done so far. Then trying to create a new language, which will be compatible with the “background noise”, wiping it out to send a significant signal : our personal expression.
The following booklet is the first of a series of thematic researches which you are all invited to share and partake. The idea of building a new language emerged itself naturally, following our experience in the City Vision project with Francesco Lipari and Vanessa Todaro. In that platform (from Mag to Competition) we faced the possibility of generating new architectural languages, to characterize the city at a urban scale in the (next?) future. Granted that the theme cannot be fulfilled with the following articles and interviews, these are just examples and hints, leading to a new thorough analysis in “Parola d’Arte”.

Sebastian Di Guardo

Translations by Giulia Scaglietta

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